domenica 28 marzo 2010

Ombre

Sono un'ombra grigia che
anela alla vita.
Vagando tra un cassonetto e
l'erbaccia ti ho rivista in un
fondo di bottiglia premere
contro il vetro.
Eri la nave imbottigliata dai
remi spezzati che portavi le
altre ombre con te, tra le 
viscere dell'oceano. Mugugnanti
anelano alla vita, poichè 
sono ombre, ed io con loro
a remare con dei cavolo di 
remi spezzati.

mercoledì 17 marzo 2010

Un tamburo non a tempo

Lo sento, quel tamburo che risuona
e mi batte dentro. Vuole costringere
il mio cuore ad andare al suo tempo,
al suo ritmo, dice: "Dove vai con
quel tuo misero battito, non vedi
che vai fuori tempo? Non senti gli
altri cuori che vanno insieme a me?
Sei solo, quanto pensi di durare
nella mia tribù con un ritmo del
genere?". Mi altera la vista, la
luce è impazzita nella sala, e
il coro di tamburi è sempre più
forte. Mi rimbomba nel ventre, con
il suono vuole frantumarmi le orecchie,
inacidirmi la vista, rendendomi schiavo
del suo ritmo. Non so fino a quando
resisterò a questo frastuono.
Resistergli per cosa, per chi, per
me forse che già mi sento solo?

mercoledì 10 marzo 2010

Mendicante di me stesso

Solingo col mio mantello ho
attraversato i deserti inondati da
un rosso rovente, ho capito che
giravo in circolo e mi sono riappropriato
di me stesso, l'ho sradicato dalla
stringente terra e me lo vedo ora
qua davanti ai miei occhi.

Nonostante il viscidume e lo sporco
scorgo ancora dentro me quello
sguardo, quel gemito che urla
dagli occhi ed è insaziabile. Mendica
sempre le stesse passioni e mi sta
divorando nel ventre.

Perchè non reggo lo sguardo, il mio
stesso sguardo mi parla,
mi stride nelle orecchie e io non
odo che un sussurro, un lamento
disturbato dagli echi di un
volto, che porto dentro dall'infanzia.

Eccolo il volto, sempre con la
stessa espressione, imperscrutabile
e quasi minacciosa, smunte le guance
che suonava come un tamburo africano.
Fuggì da me con la mia voce in fronte
e io con una sua foto in mano. Il
volto non sono io, è mio padre.

giovedì 4 marzo 2010

Un sorriso tra le spighe

Ho ripescato da un nero pozzo
l'emozione che ho rigettato, come
dopo una sborgna terribile.
L'ho rivista, era solo un pò
sgualcita, fradicia e ingiallita.
Al sole l'ho lasciata asciugare
qualche giorno, poi ho riaperto
quel foglio con la scritta di quel
vecchio sapore, che ricorda
il fondo di bottiglia del vino.
Nono sembrava vero, tutto mi
riaffiorò in un bagliore di memoria,
dove sedevo su di un tronco
tagliato e guardavo quei
fiori roventi o quello pallidi, e
poi a sdraiarmi nel prato vicino,
sognando qualcuno con cui
condividere quel momento.Sai,
la primavera non l'ho mai
passata con un amore, questo
sarà il mio unico rimpianto, di
non aver assaggiato quelle
tonde albicocche con una fanciulla
amata, fino a rincorrersi e a
rotolarci fra le spighe e fare
l'amore tra quell'oro. Se poi
qualche contadino ci avesse visto,
saremmo corsi via con le sue
urla, ma con un sorriso
inebriato frai denti.