venerdì 8 gennaio 2010

Disarticolato e disgiunto


Che stato in cui tutto si sfiora
e nulla si tocca,
pare che a un momento si arrivi,
invece no,
ancora lì a grondare senza mai
toccare terra.
L'erba gronda pure lei,
levandosi quel peso
del mattino gelato,
ora divampa e si struscia
fascio contro fascio
per farsi compagnia.
 

Tutto s'infucoca d'un tratto, si
smaterializza e sembra uguale,
uguale pure a me che
ora non sono più qua, e forse
non ci sono mai stato. Non
mi sento più essere, ma
avvinghiato ad ogni cosa,
quasi stretto da una morsa
che mi lega, e non ho
voglia di fuggire.

Ormai della vite si è
attorcigliata su di me e
mi basta, la ricerca la
continuerò domani, oggi,
oggi sono sazio e grasso.
Ho mangiato un palazzo,
qualche pianta e un vagone
gremito di persone.

Così perdo un giorno ed è tornata
la malinconia, bisbiglia di
lontano ma la sento, mi
opprime e consuma lenta.
Come un soffio è penetrata
dalla pelle, pare voglia
giungere là,
a sovverchiare qualche
cianfrusaglia e riaprire
ferite che parevan chiuse,
le graffia fino a che non
vedrà sgorgare il sangue e
mi vedrà di nuovo lì,
dove all'abisso non mancava che
un passo, dove al sol guardare
non avrei più occhi.
Non devo, chiudo gli occhi.
Basta.
Sono stufo di lottare, se
non ce la farò sarà la morte.

Nessun commento:

Posta un commento